martedì 28 aprile 2009

La Città Dei Ragazzi

Si chiamano Alì, Mohammaed, Francisco, Ivan. Sono poco più che adolescenti e vengono da Capo Verde, dalla Nigeria, dal Marocco, dalla Romania, dalla Moldavia, dal Bangladesh, dall'Afghanistan e da molti altri paesi segnati dalla miseria o dalla guerra. Hanno alle spalle famiglie smembrate e passioni spezzate, le favole che non hanno mai ascoltato, le scarpe rotte , tanti sogni da realizzare. E la dolorosa sensazione di essere sempre con le spalle al muro ad un passo da nulla. Creature ferite inviate in un altro paese per cercare fortuna. Sono arrivati in Italia nei modi più strani, attraverso viaggi per noi inimmaginabili Hanno perso tutto,tutto ciò che avevano di più caro, la famiglia, gli amici e la loro terra, si ritrovano smarriti in un paese diverso che molto spesso li esclude. Non hanno speranza, non hanno voce, non possiedono nulla. È proprio per ridare una speranza a questi ragazzini orfani e smarriti che nasce la Città dei Ragazzi:un asilo fondato a Roma nel secondo dopoguerra dal sacerdote irlandese J.P. Carroll-Abbing,che ospita e cerca di educare alle regole di una convivenza civile questi ragazzi per rendere la vita un po’ meno difficile per tutti. Per dar loro una voce che Eraldo Affinati, coraggioso e appassionato insegnante, scrive questo romanzo. Affinati ci racconta le loro storie, ci fa leggere i loro temi sgangherati e struggenti, lascia che il dolore venga a galla per poterlo guardare in faccia senza paura, E pur di stare vicino ai propri allievi accetta di fare un viaggio con due di loro, Faris e Omar, che ritornano a casa, in Marocco. È un viaggio nello spazio e nel tempo, in un luogo dove contano i gesti, gli sguardi, i silenzi più di qualsiasi altra parola. Un viaggio alla ricerca delle radici di due cuccioli d'uomo nei quali il nostro mondo spietato non è riuscito a spegnere l'onestà l'innocenza e l’ingenuità . La cosa che più mi ha colpito è il rapporto che Affinati ha con questi ragazzi,un rapporto speciale come se fosse il loro padre “adottivo”. Un padre che a loro manca, (anche per lui è stato assente, per colpa di incomprensioni per omissioni per il poco dialogo). Ma ecco che ritrovando nei suoi allievi i suoi stessi limiti, e rispecchiandosi nel loro abbandono. Affinati intreccia nel suo cuore, i fili delle vite altrui con la propria e la scrittura si fa miracolo di riconciliazione. Lo scrittore, il piccolo orfano, capisce con il suo viaggio in Marocco che doveva essere proprio lui, il figlio autore , a dare al padre quella parola che egli non aveva mai saputo esprimere.

2 commenti:

  1. brava...hai suscitato la mia curiosità per questo libro...complimenti sei un'ottima scrittrice...

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  2. Che libro straordinario!Ci insegna a risolvere i nostri problemi non "contro" gli altri, ma "attraverso" gli altri. Tutto ciò a condizione di saper donare il meglio di noi stessi. Semplicemente brava.

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