mercoledì 16 settembre 2009

MADAME BOVARY di Gustave Flaubert


"Madame Bovary". Mai avuto intenzione di acquistarlo. Forse per una vaga eco che questo titolo mi faceva rimbombare nella testa, un'opera teatrale, probabilmente tragica. Sarà per il nome femminile che il mio imperituro maschilismo ha sempre trasformato in un'inquietante porta cigolante con su scritto:" Don't read me". E' vero: chi disprezza vuol comprare, ma io non ho mai osato far fuori la mia paghetta per qualcosa che avrebbe potuto non piacermi.
L'incontro con questa speciosa donna francese è avvenuto per caso. Lei se ne stava seduta tranquilla e polverosa su uno scaffale della casa in vacanza, probabilmente lì dimenticata dal precedente inquilino (qual pessimo amante!). La presi, la accarezzai, e lei mi si aperse, completamente: cominciò a narrarmi la sua storia dicendo, più o meno, le testuali parole (che non credo mai oblitererò dal mio cuore): "Sono nata a Rouen, un piccolo borgo di campagna distante mezza giornata di calesse da Parigi. Oh, Parigi... Lì (a Rouen, intendo) ho trascorso la mia infanzia con mio padre, predendomi cura della casa e talvolta aiutandolo nella fattoria. Poi è arrivato quel Carlo, mio marito, l'uomo che mi ha rovinato la vita trascinandomi con sé in una trappola di noia e mediocrità a cui ho trovato scampo solo con la morte!
Volevo uscirne, provare nuove esperienze, viaggiare, e fare tutte quelle cose belle che si fanno nei miei amati libri. Ho cercato di occupare tutta me stessa abbandonandomi a Dio, ma molte volte sono sprofodata nella perdizione a causa dei miei ripetuti adulterii. Il pensiero di questo o quell'altro uomo, il pensiero di ciò che non potevo ottenere, il pensiero di Dio, che per certo non mi avrebbe voluto con sé dopo la vita (infatti eccomi qua!) mi ha portato ad un crollo emotivo, una esasperazione che a volte sfociava nella malattia, a volte nel compimento di azioni sconsiderate. Sai, ho scialacquato tutta la dote di famiglia in sciocchezzuole che i facevano sentire una donna distinta e raffinata, come agognavo essere in realtà.
Le trappole si andavano moltiplicando: alla noia e all'insoddisfazione si aggiunsero la morsa dei debiti e le continue bugie, che non riuscivo più a sostenere e a portare avanti. A quel punto, meglio la morte. Mille volte meglio. Almeno posso raccontare la mia storia, posso sfogarmi, aiutando così la gente a non commettere i miei stessi errori. Grazie. Per questo poco tempo, mi hai fatto rivivere." Quando si accasciò tra le mie braccia non feci nulla. Non una lacrima, non una parola. Ma dentro di me avvenne qualcosa: la grande matita del mio maschilismo si temperò un poco e scrisse nel mio animo, in modo indelebile, la storia di questa donna meravigliosamente viva, bella , intelligente e ambiziosa che, solo a causa dei tempi in cui è vissuta e della società in cui era inserita, non è riuscita a realizzarsi.

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