martedì 3 agosto 2010

La Fine Dell'Avventura


di Graham Greene


In ogni mia recensione mai mi sono soffermato sulla trama del libro mentre ho sempre provato a scrivere quelle riflessioni che l’autore prova a suscitare in me e in tutti voi : riflessioni fatte dall’uomo circa l’uomo che solo i preti,i filosofi e gli scienziati sanno fare : così in questi momenti io sono un loro pari.Questa volta però proverò sia a scrivere quello che ritengo il passaggio fondamentale della storia,sia le mie tanto amate riflessioni.
In La fine dell’avventura (The end of the affair) del 1951 Greene racconta una storia di conversione.Una bomba cade sopra la casa in cui si trovano l’adultera Sara Miller e il suo amante Maurice Bendrix.Quando la donna, che è stata battezzata ma non lo sa, scopre l’uomo sepolto dalle macerie,credendolo morto,si inginocchia e implora quel Dio che non conosce e al quale non crede,di salvare l’amante, impegnandosi in cambio a non vederlo mai più.Ebbene, qualche minuto dopo, scopre che in realtà Maurice è vivo.Sebbene non voglia mantener fede a quella promessa, non rivedrà più l’uomo.Per questo Sara odia quel Dio al quale continua ad essere sicura di non credere e che le sta sottraendo la sua felicità ma proprio odiandolo perché l’ha presa alla lettera, la donna capisce che in realtà crede in Lui.La fine dell’avventura insegna così che la fede in Dio non è un carattere ereditario o frutto di un passaparola in cui ognuno crede perché l’altro gli ha detto che Lui esiste.Per credere veramente bisognerebbe che noi tutti viviamo da atei delegando alla vita l’innesto in noi della fiamma viva dell’amore verso Dio.E lo strumento per giungere a questa rivelazione è l’amore,quello umano,corporale e imperfetto come scrivevano gli stilnovisti più di settecento anni fa ma sorprendentemente lo è anche l’odio,o meglio un certo tipo di odio,quello di cui Greene scriveva circa sei decenni fa.
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