sabato 6 novembre 2010

PILATO


Infine il sol si rieclissò diretro ai monti, dandomi di nuovo l'adito di uscire.
Inoltratami per i vicoli, tra le casupole sbiadite, imboccai il decumano, pervenendo poco dopo a una magnifica villa: alte colonne, ampi giardini, stanze vastissime... fu proprio in una di queste che rinvenni l' uomo. Triste e disperato, si rannicchiava nella sua lettiga e si contorceva, come in danza al frinire depresso delle cicale. Non molto intercorse, che anche lui inscenò lo stesso spettacolo di ognuno, di ogni volta: cessando di pianger lagrime, cominciò a lagrimar l'anima sua stessa. Ad ogni goccia si emaciava, i suoi due lumi vitrificando, originando (strana sorgente!) due forme di sé a lui identiche, e fra loro, perfettamente.
Ma 'l perder la sua anima non gli cagionò il decesso, tant'è che i due „lui“, collocatisi agli antipodi del cubicolo, prensero a richiamarlo, ognuno verso sé, come fosse un cucciolo. L'uno sussurrava: "Praefecte Tiberiae, eum crucifige! E' questa la voce del popolo"; l'altro: "E' un uomo innocente: ascolta tua moglie, riconsegnalo a sua madre!".
Si alzò e, col vacuo sguardo di un morto che vive, si diresse arrancando verso il primo. Adoro quando fanno così! Sedutosi a terra cominciò a riassumerla, ficcandosi in bocca i brani che lentamente dilacerava, dai piedi infino alla testa.
Io feci lo stesso, con l'altra metà.
Solo quando il sole riprese a spiarmi da sopra il monte, me ne andai da lì. Solo allora sopraggiunse Morfeo, a coronare il sonno di quell' uomo di molte spine.
Sono Lilith, mi chiamano la Notte, e porto consiglio. Né provo vergogna a cibarmi degli scarti delle altrui coscienze: come sussisterei altrimenti??

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